Sara Stuflesser, un filo per ogni storia


di Andrea Lombardo


A un passo dal cielo, tra gli orli della Val Gardena, nascono i sentieri di Sara Stuflesser: una dolce compositrice di armonie.
Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti di Urbino torna ad Ortisei, dove insegna al Liceo d’arte. L’insegnamento le permette di praticare la forza educativa della creatività: stimola le giovani generazioni alla conoscenza dell’arte, linguaggio alternativo alle parole, strumento per recuperare emozioni, ricordi e valori in via autonoma: “a ciascuno il suo”.
Sara Stuflesser è una viaggiatrice dinamica che, dopo il nord e il sud del mondo, ama ritornare tra le sue montagne, respirando percorsi conosciuti e nuovi, che nelle sue opere si trasformano in percorsi lineari e senza fine: una lunga strada di emozioni che travalica spiritualmente e fisicamente i supporti delle sue opere.
La sua narrazione è come l’incontro con una persona sconosciuta: ti lascia qualcosa fuori dalle aspettative. Ciò che impari, da questo incontro, ti cambia: è aria fresca che rinnova la vita e il modo di leggere il mondo. Il dialogo arriva al nocciolo della questione senza giri di parole, senza fronzoli: è essenziale, nitido. Un filo che tira dentro, che trascina verso l’ascolto. Un filo per conoscere i pensieri, le paure, le aspettative di ciascuno di noi.
Sara Stuflesser è una ricamatrice di movimento e stasi. Le sue figure traspirano il desiderio di dire la loro, di comunicare, di entrare in contatto con lo spazio e con chi hanno dinanzi. Non è un limite che esse siano sulla stoffa, sulla carta, sulla plastica o sul legno: hanno il vizio di iniziare a parlare, a dire la loro.
Inevitabilmente stanno dritte, curve, sedute su pavimenti leggeri e invisibili, rannicchiate su una trave, aggrappate al soffitto e ai loro progetti, forse ai nostri progetti. Lanciano fili, lasciano cadere trame di dialoghi, attaccano di continuo bottone con altre opere, con altre figure, con altri attori.
Non perdono l’occasione per sporgere la testa oltre le barriere, le false barriere che sempre più spesso vengono costruite. Lasciano aperte nuove porte, nuove finestre da cui sbirciare, scoprire, assaporare il nuovo. Non scheletri, non figure, non corpi, solo indisciplinate creature della fantasia che si divertono a sottolineare gli stati d’animo.
Le opere di Sara Stuflesser dicono che l’arte va presa con calma, ascoltata, letta. C’è un tempo per ogni cosa. Senza cadere nel consumo mordi e fuggi. Nessuna fretta per ammirare un quadro, così come un bel paesaggio, magari l’Alpe di Siusi. Prendere il tempo che ci vuole. Investire nella propria salute. L’arte può sempre rimettere ogni filo al suo posto.
La montagna, con le sue altezze, luci, musiche, abitanti, è per l’artista il luogo adatto, il libro aperto, la colonna sonora per trovare ispirazione: componendo nella tranquillità dello studio e del laboratorio. L’energia raccolta dai ritmi e dai suoni della natura, come l'ape che danza tra i fiori o il vento che sfiora il suo viso, muove le mani dell’artista che compone i suoi figuranti sull’onda delle emozioni, senza schizzi preparatori o progetti predefiniti. La spontaneità del gesto segue la naturalezza dei ritmi vitali. La semplicità gestuale arricchisce la narrazione: un semplice filo per una semplice storia.
Apparente semplicità. La lavorazione delle opere è un appassionante succedersi di emozioni, che prendono il sopravvento. Prima della schietta linguistica odierna i colori si rincorrevano sulla tavolozza e sulla tela. E dall’osservazione del proprio operato nasce la nuova ricerca. Il proprio lavoro genera il nuovo linguaggio. Da un quadro dallo sfondo arancione, con il filo colorato che delinea una madre e un figlio sospesi nella pietà della morte, arriva la spinta a cercare un filo più vero e autentico: un filo che prende spessore e fibra. Il filo sostituisce il pennello.
La pittura delle prime opere, cariche di colore, ha lasciato il posto alla composizione filamentosa e tessile. Si aprono le porte di un’atmosfera intima in cui siamo accolti con garbo. La semplicità e la spontaneità tengono per mano l’interlocutore verso i sentieri dell’introspezione, del gioco fragile dell’esperienza umana. Un’altalena in equilibrio tra stoffe trasparenti e strofe di filo.
Le forme semplici, la scelta della stoffa semitrasparente e del filo nero sono il risultato di un processo di sperimentazione e intensa ricerca: una tappa del percorso che attraversa diverse valli e ruscelli, tra alternative e scelte adottate e abbandonate.
L’autrice sceglie di liberarsi del colore per concentrarsi sull’essenza della forma, sulla pastosità dei corpi di filo e colla. I suoi interlocutori materici prendono forma velocemente, bisogna prendersi cura di loro senza perdere tempo: ascoltare i loro racconti, il loro flettersi. Ogni attimo della composizione può aprire un nuovo dialogo, una nuova finestra e nuovi movimenti dentro e fuori della cornice generale della narrazione.
Né pennello, né scalpello, né spatola, ma del semplice filo per esprimersi meglio. Un filo che potrebbe non finire mai, ma che per sua natura potrebbe spezzarsi, come la vita. Allo stesso tempo durare in eterno ed entrare in dialogo con la fragilità, con l’accidentalità di un taglio, di un movimento sbagliato, di un imprevisto.
Il segno lasciato dal filo si muove nell’alternativa di durare con il rischio di non dire niente o di finire per aver detto troppo. Questo sottile testimone si lancia nello spazio alla ricerca di nuovi attacchi, di nuove prospettive, cercando di essere accettato e accolto da altri dialoganti.
Lontano da progetti precostituiti ed estranei al mondo, la spinta emozionale guida le mani, lontano dal mercato e dalle lobby. Prendendo le distanze dall’arte concettuale, abbracciando idee semplici come “peace and love”.
La figura umana diventa maschera, plasmata tra filo e colla, perde la rigidità degli schemi e segue il l’istinto della curiosità. Non è mai distratta, non ruba tempo al tempo con languide domande, ma scatta alla ricerca del bandolo della matassa. È contemporaneamente punto di inizio, di arrivo e di snodo. Concentra su di sé l’attenzione, ma non diviene mai leziosa o traboccante di ricci e pinnacoli. Il barocco non è di casa.
La compattezza materica delle figure plasmate con il filo volutamente nero fa da contraltare alla fragilità. Ha la capacità di chiarire con decisione i propri passi, non demorde dinanzi alla possibilità dell’imprevisto, non si butta giù, non perde il desiderio. Per realizzare l’intero progetto bisogna seguire l’istinto, liberi da un piano che potrebbe imbrigliare la spontaneità del risultato.
La stoffa trasparente permette di intravedere il mondo che va avanti, lasciando la possibilità di accettare il gioco: entrare il più possibile in sintonia con la composizione. Si entra fisicamente oltre lo squarcio, per alcuni buco, per altri tana o nascondiglio, oppure ci si pone dentro per vedere fuori, per spiare i passi altrui, per rubare un segreto, carpire la gioia di vivere.
Le figure si muovono, possono perdere l’equilibrio, diventare insicure. Una piccola e breve frase di qualcuno può spiazzare. La vita sociale implica il contatto con il mondo esterno. Il filo stesso è contatto con le persone che stanno intorno, oltre il nostro giardino. Il filo è la passione per la politica, per il prossimo da aiutare. Il filo è la forza della comunità che non lascia nessuno indietro e tutti tiene insieme come il gomitolo, che quando perde del tutto la sua forma diviene indumento, tovaglia o coperta. La spontaneità del gesto prende il sopravvento sulla rigida progettualità: il filo perde sé stesso per trovare gli altri.

Mostre

- 2012   Einzelausstellung , Malerei und Skulptur in der Engelsburg/Kloster Neustift-Brixen

- 2011   „Afrika“- Selva/Val Gardena

- 2010   „Afrika“- Ortisei/Val Gardena

- 2007   personale - Soviso - Ortisei/Val Gardena

- 2007   personale - Surèdl - Ortisei /Val Gardena

- 2006   mostra collettiva Trostburg- Trostburger Wochen

- 2004   mostra collettiva - Artisti Ladini - castel Maretsch

- 2000   Stage e mostra con l'artista Betty Bee a Pesaro „EX Chiesa della Maddalena Scalone Vanvitelliano“

- 1999   mostra collettiva Urbino-Sala del Maniscalco

- 1998   mostra collettiva Tavullia- Marche

Fiere d'Arte

Padova, Milano, Bergamo, Brussels, Reggio Emilia

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